Il problema e il nostro impegno
Le reti o attrezzature da pesca fantasma sono una delle minacce più significative per gli ecosistemi marini: formano oltre il 48% delle plastiche trovate nelle "isole galleggianti di rifiuti"1. Si valuta che fino al 70%
del peso di tutti i detriti macroplastici in mare sia costituito da
attrezzi da pesca fantasma2. Una stima di UNEP e FAO suggeriva, già nel
2009, che circa 640.000 tonnellate di reti fantasma si aggiungono ogni
anno ai nostri oceani. E' probabile che oggi questo numero sia ancora
più alto3.
L’attrezzatura fantasma mutila e
uccide milioni di animali marini ogni anno, comprese balene, foche e
tartarughe4. Reti da imbrocco, trappole, nasse e FAD sono i più
suscettibili a diventare attrezzatura fantasma, e i più letali quando
ciò avviene5. Rispetto a tutte le altre forme di rifiuti marini causati
dall'uomo, le reti fantasma rappresentano il pericolo peggiore
per gli animali marini ed è quattro volte più probabile che abbiano un
impatto sulla vita marina attraverso l'aggrovigliamento rispetto a tutte
le altre forme di rifiuti marini messi assieme6. Centinaia di specie
diverse di fauna marina diventano ogni anno vittime di queste
attrezzature abbandonate. Di tutti i mammiferi marini indicati nella
Lista rossa delle specie minacciate dell'Unione Internazionale per la
Conservazione della Natura (IUCN), il 45% è stato colpito dalle reti
fantasma7.
Circa il 30% dei FAD di tutto il mondo sono usati nel Mediterraneo. Fra il 1961 ed il 2017 sono stati immessi nel mediterraneo circa 1,6 Milioni di Fad. Circa il 76% dei Fad utilizzati viene perso o abbandonato.
Balene, squali, foche, tartarughe e uccelli rimangono impigliati; spesso annegano o si feriscono. Nel tentativo di liberarsi si creano ferite debilitanti che causano sofferenze immense, in alcuni casi per anni, prima che l'animale soccomba. Gli habitat poco profondi della barriera corallina sono particolarmente a rischio. Numerosi studi confermano l'aumento dei livelli di coralli spezzati, la diminuzione della copertura corallina e la minore diversità delle specie nelle aree in cui i rifiuti proliferano8.
I fili da pesca causano il 65% degli intrappolamenti nel Mediterraneo. Funi e reti da pesca abbandonate, ma anche lacci ad anello ed imballaggi, si aggrovigliano intorno agli animali intrappolandoli e in molti casi costringendone parti del corpo.
Globalmente 344 specie sono state trovate intrappolate nella plastica. Nel Mediterraneo le vittime principali sono: uccelli (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (13%) e rettili (tartarughe marine).
Mentre è aumentata la conoscenza dell'impatto delle reti fantasma, è cresciuta anche l'entità del problema. Questo a causa dell’aumento delle operazioni di pesca a livello globale e dei cambiamenti nel materiale. L'uso di plastiche non biodegradabili nell'industria della pesca, implica che la minaccia non scomparirà senza un'azione significativa.
Ben il 70% delle macroplastiche disperse in mare aperto, considerandone il peso come indice, è legato a sistemi di pesca abbandonati9. I fili da pesca causano il 65% degli intrappolamenti nel Mediterraneo.
Le specie marine ingeriscono plastica intenzionalmente, accidentalmente o in maniera indiretta, nutrendosi di prede che a loro volta avevano mangiato plastica.
Nel Mar Mediterraneo 134 specie sono vittime di ingestione di plastica10, tra cui 60 specie di pesci, le 3 specie di tartarughe marine, 9 specie di uccelli marini e 5 specie di mammiferi marini (capodoglio, balenottera comune, tursiope, grampo e stenella marina).
Fibre e microplastiche sono state rinvenute in ostriche e cozze, mentre in grandi pesci pelagici11 sono stati ritrovati involucri di patatine e di sigarette.
Il caso più estremo sono stati trovati: 9 metri di fune, 4,5 metri di tubo flessibile, 2 vasi da fiori e diversi teli di plastica sono stati trovati nello stomaco di un capodoglio spiaggiato12.
Le conseguenze dovute all’ingestione di plastica, soprattutto se di grandi dimensioni, vanno dalla riduzione della capacità dello stomaco (quindi del senso di fame) con successiva riduzione dell’accumulo di grasso (fondamentale per tutti gli animali che affrontano lunghe migrazioni) fino a blocchi intestinali, ulcere, necrosi, perforazioni e lesioni. Tutti questi effetti portano quasi sempre alla morte dell’animale.
Tutte le specie di tartarughe marine presenti nel Mediterraneo presentano plastica nello stomaco. Uno studio durato 10 anni sulla Caretta Caretta ha mostrato che il 35% degli esemplari analizzati aveva ingerito rifiuti costituiti nella quasi totalità da plastica13.
In alcuni esemplari sono stati trovati fino a 150 frammenti di plastica. Il 18% dei tonni e pesci spada nel sud del Mediterraneo presenta rifiuti di plastica nello stomaco14, così come il 17% degli squali boccanera delle isole Baleari, soprattutto cellophane e PET15.
Obiettivi Campagna Ghostnet
1. Creazione di un database delle attrezzature da pesca abbandonate nel Mediterraneo.
2. Rimozione delle attrezzature fantasma in collaborazione con subacquei professionisti.
3. Recupero e riciclo delle reti fantasma.
4. Divulgazione dei dati a scopo informativo e scientifico.
Creazione di un database delle attrezzature da pesca abbandonate del Mediterraneo
La prima legge dell’Ecologia è la legge dell’Interdipendenza e dimostra che tutte le specie sono in un rapporto di interdipendenza tra loro; in armonia con questa fondamentale regola Sea Shepherd ha creato il luogo in cui coinvolgere sia i privati cittadini che svariati Enti e associazioni subacquee con l’obiettivo di creare una mappa dei nostri mari. Il database creato da Sea Shepherd e collegato alla pagina del sito internet permetterà a chiunque di segnalare la presenza di attrezzature da pesca abbandonate.
Questi dati sono fondamentali per poi decidere dove iniziare la raccolta delle attrezzature abbandonate e programmare la Campagna.
Rimozione delle attrezzature fantasma in collaborazione con subacquei professionisti
La campagna Ghostnet, grazie all'aiuto di subacquei professionisti, all'appoggio dell’imbarcazione M/Y Conrad di Sea Shepherd Italia e il suo equipaggio per valutare le segnalazioni ricevute ed effettuare le attività necessarie al recupero delle attrezzature fantasma e al trasporto a terra per uno smaltimento sicuro o il riciclo. I sommozzatori verranno portati con la Conrad in un sito potenziale o segnalato, dove gli scanner subacquei 3D rileveranno le attrezzature e i siti in cui immergersi. Il nostro equipaggio effettuerà ricognizioni per identificare i sistemi di pesca abbandonati in particolare nelle zone di pesca intensiva con reti e nasse, poiché l'attrezzatura spesso si impiglia su relitti e rocce.
I subacquei faranno immersioni di sopralluogo per assicurarsi che la rete o la nassa possa essere rimossa in modo sicuro. Sarà fondamentale effettuare una valutazione di impatto ambientale ed ecologico per determinare se il sistema vada effettivamente rimosso oppure se sia ormai completamente integrato nell’habitat che lo ospita, per evitare ulteriori danni se si procedesse al recupero.
Le reti, le lenze e le nasse recuperate verranno riportate in superficie utilizzando tutte le attrezzature e le tecniche a disposizione. In molti casi saranno necessarie immersioni e attività ripetitive per completare l’estrazione del sistema di pesca individuato; questo ovviamente dipenderà dall’estensione dell’area marina interessata e dalla complessità del sistema di pesca da recuperare.
Recupero e riciclo delle reti fantasma
Le attrezzature recuperate verranno trasferite a terra e divise in base al materiale di cui sono composte per poter essere smaltite, la dove non è possibile un riutilizzo , o ritirate da quelle aziende in grado di riciclarle per produrre nuovi prodotti.
Le reti e i FAD hanno già la possibilità di essere convertiti in filati o pellet da società specializzate; il nylon riciclato è un materiale di alta qualità che diventa un materia prima importante per essere riutilizzato per la produzione di nuovi prodotti utili.
Con questo processo fondamentale si ridarà vita a materie che oggi invece concorrono ad avere un impatto inquinante devastante per gli ecosistemi marini.
Divulgazione dei dati a scopo informativo e scientifico
La raccolta di tutti i dati scientifici durante tutto il processo di recupero delle attrezzature da pesca abbandonate in mare fornirà preziose informazioni sullo stato attuale del nostro mare e sull’impatto ambientale che questi sistemi da pesca abbandonati hanno sull’ecosistema marino.
Condividere e analizzare queste informazioni in collaborazione con tutti gli Enti interessati aiuterà tutti noi a prendere coscienza di questo importante elemento distruttivo e a trovare le giuste soluzioni per interrompere il fenomeno e recuperare gli ambienti e la ricchezza che la biodiversità porta con sé quando ripristinata.
2. T Nguyen, Library of Parliament, https://hillnotes.ca/2020/01/30/ghost-fishing-gear-a-major-source-of-marine-plastic-pollution/ retrieved 22.02.2022
3. Werner, S. et al. Harm caused by Marine Litter - European Commission. JRC Technical Report (2016). doi:10.2788/690366
4. Bilkovic, D. M., Havens, K. J. & Zaveta, D. Ecological and Economic Effects of Derelict Fishing Gear in the Chesapeake Bay 2015 / 2016 Final Assessment Report , Revision 2. (2016). doi:10.21220/V54K5C
5. Global Ghost Gear Initiative. Development of a best practice framework for the management of fishing gear. (2017).
6. Wilcox, C., Mallos, N. J., Leonard, G. H., Rodriguez, A. & Hardesty, B. D. Using expert elicitation to estimate the impacts of plastic pollution on marine wildlife. Mar. Policy 65, 107–114 (2016).
7. Vedi nota n° 26.
8. Secretariat of the Convention on Biological Diversity. Marine debris: Understanding, preventing and mitigating the significant adverse impacts on marine and coastal biodiversity. CBD Technical Series (2016). doi: 10.1080/14888386.2007.9712830
9. Marine Plastic Debris: Global lessons and research to inspire action. 1–192 (2016). doi:10.1017/ CBO9781107415324.004
10. Deudero S. and Alomar C. 2015. Mediterranean marine biodiversity under threat: Reviewing influence of marine litter on species. Mar. Pollut. Bull., 98(1-2), 58-68.
11. Jackson G.D. et al. 2000. Diet of the southern opah Lamprisim maculatus on the Patagonian Shelf; the significance of the squid Moroteuthis ingens and anthropogenic plastic. Mar. Ecol. Prog. Ser., 206, 261-271.
12. De Stephanis R. et al. 2013. As main meal for sperm whales: plastics debris. Mar. Pollut. Bull., 69, 206-214.
13. Casale P. et al. 2016. Biases and best approaches for assessing debris ingestion in sea turtles, with a case study in the Mediterranean. Mar. Poll. Bull., 110, 238- 249.
14. Romeo T. et al. 2015. First evidence of presence of plastic debris in stomach of large pelagic fish in the Mediterranean Sea. Mar. Pollut. Bull., 95, 358-361.
15. Alomar C. and Deudero S. 2017. Evidence of microplastic ingestion in the shark Galeus melastomus Rafinesque, 1810 in the continental shelf off the western Mediterranean Sea. Environ. Pollut., 223, doi:10.1016/j.envpol.2017.01.015.